Le etichette d’artista, un tratto distintivo di Tenuta Ferrata

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Le etichette d’artista, un tratto distintivo di Tenuta Ferrata

“Sandra, me le fai le etichette? Quando me le fai le etichette?”. È iniziata così, 6 anni fa, la collaborazione tra Sandra Virlinzi, in arte Sdrina, e Tenuta Ferrata.

A capo dell’azienda c’era già Oreste, un imprenditore dotato di grinta propulsiva, impaziente di imbottigliare la prima annata del vino prodotto sull’Etna. Sapeva che lei disegnava e questo gli bastava. Sdrina aveva già alle spalle un lungo percorso artistico iniziato a Milano nel ’95 con il gruppo di pittori Ultrapop. E fu così che conobbe quel territorio eccezionale e soprattutto le persone che ci lavoravano. C’era tanto da sapere, bisognava raccontare; quella lingua di terra parlava di sé, della sua strepitosa varietà e della palpitante natura che iniziava a dare i suoi frutti.

 

Il nome e il logo

I muri a secco lungo il terreno disegnano percorsi tra colline, piani e avvallamenti; ci sono ruderi, un pozzo e l’antico palmento posto in prossimità delle rotaie del treno della Circumetnea che oggi attraversa parte dei vigneti e che nacque nel 1895 per collegare il porto di Risposto ai principali centri etnei. Quest’ultima caratteristica era interessante. La Tenuta si chiamerà Ferrata, conciliava bene con l’impresa di famiglia e la sua storia alle origini.

Così, osservando il cuore della montagna dall’alto, Sdrina la rappresenta con una serie di anelli concentrici irregolari tra cui quello che segna il tragitto della ferrovia, come una cintura che ne abbraccia la forma. Non si sapeva bene dove andasse quel treno ma in realtà correva proprio nella direzione giusta.

 

La nascita de nomi dei vini e delle etichette d’artista

Dopo un intenso periodo di ricerca tra nomi, stili e contenuti Sandra propone le etichette annata zero. Per il rosato prende spunto dall’affascinante dimora che risiede su una lieve ma ben esposta collina della tenuta, il cosiddetto Castello. Per il bianco affida il ruolo principale al treno che passa tranquillo in mezzo ai vigneti.

Di lì a poco bisognava creare tre etichette nuove a cui associare tre nomi. Il primo arrivò da se, letteralmente caduto dal cielo. Erano giorni che l’Etna stava dando spettacolo con l’eruzione quando uno di quei pomeriggi si sentirono arrivare fino in città delle porose pietrine nere grandi quanto delle monete, erano lapilli. Volavano come pioggia giù dalla montagna. Sembrò di ricevere una benedizione. Con un sentimento di purezza nel cuore al Bianco Etna Doc di Tenuta Ferrata venne associato il nome Cèneris.

Punta Drago arrivò dalla ricerca dei nomi delle contrade della zona combinate con quello di una bestia favolosa presente nelle mitologie di diverse civiltà, che pareva si accompagnasse bene al contesto dell’Etna Rosso Doc, un vino forte come il vulcano che respira.

Infine Cimè per il Rosato, è arrivato da un gioco perché è il suono di una parola troncata e deriva da cimento. Cimentarsi, provare, che poi era quello che stavamo facendo. Le tre etichette sono state dipinte a tempera su carta, la tecnica preferita di Sandra rielaborate in digitale prima della stampa su carta.

Queste tre etichette, che rappresentano l’inizio del rapporto con il pubblico, illustrano nei pochi centimetri quadri disponibili tutta l’armonia e il carattere che Tenuta Ferrata vuole esprimere. Scopri il legame tra Arte e Vino visitando la pagina dedicata.

Per i due vini di Contrada, Veni e Frevi, ultimi arrivati in famiglia Ferrata, Sandra ha scelto d’ispirarsi alla cinematografia dei miti dell’Etna. Le due nuove etichette accompagnano il bianco e il rosso di fascia alta con la voglia di raccontare come si vive ai piedi di un vulcano tra le vigne, gli odori della sua terra, le passioni, le sue storie che appassionano. Dall’attenta ricerca di film ambientati nei pressi dell’Etna mette a confronto ‘Vendetta di Fuoco’ girato nel 59 e ‘Storia di una capinera’ adattamento cinematografico del racconto di Verga ambientato nel 1845.

Due storie agli antipodi. Sandra si diverte a narrare le avventure e gli struggimenti di chi arriva da antichissime culture e tradizioni.

Per il bianco torna il rimando alla purezza: una ragazza è costretta a farsi monaca e con il vino Veni rappresenta l’immagine fragile e spaurita dell’uccellino che indossa il cappello per proteggersi dal sole. Per il rosso Frevi sceglie l’abbraccio intimo e ravvicinato di una coppia focosa.

È bello immergersi nella passione e i tormenti di sentimenti universali.

Il vino, un po’ come l’arte, ha bisogno di mondi che s’incontrano, bisogna solo accorgersene.